Anche al fine di inquadrare correttamente le problematiche
tecniche che discendono dalla normativa, preliminarmente è il caso
di ricordare che il presupposto della sentenza "TEST ACHATS"
risiede nell'uguaglianza "biologica" dei sessi, e che quindi le
differenze di rischio associate al sesso (che pur sono evidenti)
non dipendono dal sesso, ma da fattori legati ad aspetti
"comportamentali" (tipo di attività, utilizzo del tempo libero,
abitudini alimentari ecc.) diversi tra uomini e donne, che sono la
vera causa delle differenze statisticamente riscontrate nelle curve
di rischio. L'obiettivo del mercato assicurativo, ed in particolare
di chi presiede l'attività di tariffazione, deve quindi essere
quello di sostituire il sesso con quelli che sono i "veri" fattori
di differenziazione del rischio; il compito non si presenta per
niente semplice, tenuto conto delle difficoltà derivanti da un lato
dall'individuazione di tali fattori di rischio (sicuramente molto
numerosi e fra loro non privi di correlazione), dall'altro dai
problemi legati all'accertabilità dei fattori stessi (in tal senso
l'utilizzo del sesso risultava sicuramente essere più agevole in
quanto facilmente verificabile e statisticabile). La previsione è
che comunque sarà necessario molto tempo prima che il mercato possa
attrezzarsi adeguatamente in tal senso.
L'articolo 5, paragrafo 1, della direttiva vieta qualunque
risultato che dia luogo a differenze nei premi e nelle prestazioni
individuali in ragione dell'impiego del genere come fattore del
loro calcolo, mentre non ne vieta l'uso come fattore di valutazione
del rischio in generale, ad esempio:
- per gli accantonamenti e la fissazione interna dei prezzi gli
assicuratori potranno continuare a raccogliere e usare informazioni
sullo status di genere ai fini della valutazione interna del
rischio, specialmente per il calcolo delle riserve tecniche (si
pensi per esempio alla riserva per rischi in corso) e per
monitorare il loro mix di portafoglio ai fini della determinazione
delle tariffe in termini aggregati;
- per la fissazione dei prezzi di riassicurazione. I contratti di
riassicurazione sono stipulati tra una compagnia di assicurazioni e
un riassicuratore, quindi rimane possibile usare il genere nella
determinazione dei prezzi di tali prodotti, purché ciò non comporti
differenziazioni basate sul genere a livello individuale degli
assicurati.
Per quanto riguarda le problematiche legate alla tariffazione,
va premesso che il fattore sesso è attualmente utilizzato in larga
misura nel ramo RCA (quasi sempre nel settore autovetture, più
raramente per i motoveicoli), e per alcune tariffe dei rami
Infortuni e Malattia. Non risulta l'esistenza di tariffe
differenziate in base al sesso negli altri rami danni, ma
potrebbero esserci dei casi. Il primo problema da affrontare è se e
in che misura l'applicazione di una tariffa unisex potrà comportare
delle variazioni nel grado di sinistrosità del portafoglio (cioè
nel valore del "premio puro medio") rispetto a quanto sarebbe
accaduto continuando ad applicare una tariffa differenziata.
Nel caso di assicurazione obbligatoria (RCA) ciò non dovrebbe
accadere (non appare infatti ragionevole ipotizzare che la
propensione ad acquistare un'autovettura possa essere influenzata
da una differenza dei costi di gestione della stessa, in più o in
meno secondo i casi, di qualche decina di euro all'anno).
Il grado di appetibilità di una copertura facoltativa, e quindi
la composizione del portafoglio in base al sesso dell'assicurato,
potrebbe invece modificarsi a seguito della proposta di un prezzo
unisex che, inevitabilmente, risulterà essere intermedio tra quelli
oggi previsti per gli assicurati maschi e femmine, con un vantaggio
per il profilo di rischio più elevato ed un maggior costo per
quello meno rischioso. Ciò comporterebbe inevitabilmente un aumento
del premio puro medio di portafoglio, poiché nel portafoglio stesso
i profili di rischio più elevato in base al sesso sarebbero
presenti in maggior percentuale rispetto a quanto oggi accade,
grazie a condizioni di premio diventate più favorevoli (e il
contrario accadrebbe per gli assicurati meno rischiosi).
Per i motivi anzidetti, nel ramo RCA, fermo restando il premio
puro medio, per garantire l'equilibrio tecnico preesistente sarà
sufficiente mantenere inalterato il premio mediamente corrisposto
dal complesso degli assicurati maschi e femmine. Quindi, nel caso
in cui il sesso sia stato finora utilizzato come variabile a sé
stante (quindi non in abbinamento con altre variabili), occorrerà
innanzitutto ricalcolare il coefficiente medio della variabile
sesso non più utilizzabile (come media dei coefficienti
preesistenti per maschi e femmine, pesata con le rispettive
distribuzioni di portafoglio, o con la distribuzione attesa per i
contratti di nuova produzione e le sostituzioni, qualora si intenda
applicare la tariffa unisex solo a questi ultimi). L'effetto sul
premio medio non più riproducibile dalla variabile sesso dovrà
quindi essere "trasferito" sul premio di riferimento, moltiplicando
quest'ultimo per il coefficiente medio precedentemente
calcolato.
Invece, nel caso in cui il sesso sia utilizzato in abbinamento
con altre variabili tariffarie (normalmente accade con l'età), va
valutata caso per caso l'opportunità di garantire l'equilibrio
tecnico a livello complessivo (uomini e donne), oppure con
riferimento alle singole determinazioni delle variabili ancora
utilizzabili (p. es. uomini e donne suddivisi per fasce di età); la
scelta va fatta coerentemente con la volontà o meno di recuperare
(almeno in parte) il livello di personalizzazione tariffaria
complessivo "perduto" a causa dell'impossibilità dell'utilizzo del
sesso, riducendo il grado di mutualità generato dalle altre
variabili abbinate (normalmente, per esempio, i coefficienti della
variabile età garantiscono un'ampia mutualità a favore dei più
giovani).
Nei rami diversi da RCA, per i quali non sussiste
l'obbligatorietà dell'assicurazione, invece, va valutata caso per
caso la necessità di introdurre un margine di prudenza aggiuntivo,
attraverso adeguate ipotesi sul nuovo mix di portafoglio, che
potrebbe risultare diverso da quello preesistente.
Per quanto riguardo la relazione, redatta da un Attuario
iscritto all'Albo (dall'Attuario Incaricato RCA nel caso si tratti
della tariffa RCA), sulla tariffa richiesta dal Regolamento ISVAP
n. 30 del 12 maggio 2009, recante la "DICHIARAZIONE DI ADEGUATEZZA
DEI DATI IN MATERIA DI PARITA' DI TRATTAMENTO TRA UOMINI E DONNE
NELL'ACCESSO AI SERVIZI ASSICURATIVI", questa continua a dover
essere sottoscritta solo nel caso in cui la tariffa in oggetto
preveda l'utilizzo del sesso per i contratti per cui ciò è ancora
possibile (vedi paragrafo 3.), dandone adeguata evidenza.
Sia per il ramo RCA che per le assicurazioni non obbligatorie,
si sottolinea l'importanza di un monitoraggio attento e frequente
della composizione del portafoglio, per poterne cogliere
tempestivamente un'eventuale variazione del mix; una diversa
distribuzione degli assicurati in base al sesso, rispetto a quella
inizialmente ipotizzata, a seguito della crescita di fenomeni di
antiselezione del rischio, può infatti generare un'insufficienza
tariffaria a fronte della quale è necessario intervenire nei tempi
più brevi possibili.
Nell'attesa (presumibilmente lunga) della disponibilità di dati
che consentano una tariffazione con i "veri" fattori di rischio
come precedentemente illustrato, appare chiaro che almeno nel breve
periodo la nuova normativa imporrà di fatto una mutualità
aggiuntiva per ogni portafoglio per cui il sesso dell'assicurato
sia un fattore di differenziazione del rischio.
Si ricorda che la sentenza non esclude che si possa continuare a
tener conto del diverso livello di rischio "indirettamente"
correlato al sesso (abbiamo visto infatti che il presupposto della
sentenza è che non vi siano fattori "diretti"), attraverso
l'utilizzo di altre variabili, anche correlate al sesso, sempre che
le stesse costituiscano a loro volta un fattore significativo di
rischio: per fare un esempio, il sesso del proprietario di
un'autovettura è correlato con la cilindrata, che si può continuare
a utilizzare come variabile di personalizzazione, ma anche con il
suo peso e la sua statura, che invece non potranno essere
utilizzate a questo scopo. Analogamente, nel ramo malattia, non
potranno essere previsti premi aggiuntivi per la copertura di
patologie solo maschili o solo femminili (si ricorda comunque che
gravidanza e puerperio sono già oggi esclusi dalla deroga di cui
all'art. 5, par. 2 della Direttiva).
Quindi, per recuperare il grado di "personalizzazione"
tariffaria "perduto" a causa della nuova normativa, il suggerimento
è di ricercare tutti i fattori "diretti" di differenziazione
del rischio, anche in combinazione tra loro. A questo scopo
può essere utile la rilevazione, anche unicamente a titolo
statistico-sperimentale, di informazioni aggiuntive rispetto a
quelle che normalmente oggi si raccolgono a fini di tariffazione,
che potrebbero per quanto detto essere sfruttate in un prossimo
futuro se venisse ragionevolmente accertata la loro
significatività.
E' chiaro peraltro che, all'atto pratico, non è sufficiente che
la tariffa sia determinata in base a corretti principi attuariali e
sulla base di variabili effettivamente correlate al rischio, ma
occorre anche la garanzia di poter individuare in modo certo, per
ciascun rischio assicurato, le determinazioni di tali variabili.
Sotto l'aspetto operativo, quindi, difficilmente le sole
dichiarazioni dell'assicurato potranno costituire un parametro di
tariffazione, se non supportate da adeguati elementi probatori.
Si suggerisce quindi di tener conto di questi aspetti già nella
fase di individuazione del panel di informazioni da raccogliere, in
modo da poter concretamente utilizzare in futuro le informazioni
stesse a fini tariffari.