Le forme pensionistiche hanno sin qui potuto definire
prestazioni pensionistiche complementari diversificate per
sesso in funzione dei dati statistici
storici che mettono in evidenza una
diversa rischiosità per gli uomini
e per le donne connessa al
verificarsi di determinati eventi e quindi
un'incidenza significativa del fattore sesso (senz'altro ad oggi
quello, insieme all'età, di cui si dispone di maggiori dati
statistici) nella quantificazione del rischio.
In funzione di tale diversa valutazione del rischio sono stati
quindi cercati gli equilibri finanziari delle gestioni
pensionistiche, siano essi di tipo a capitalizzazione individuale o
a capitalizzazione collettiva.
Ciò assunto non è da escludere che in un'ottica di perseguimento
del principio di parità di trattamento tra uomini e donne non si
possa addivenire a prestazioni indistinte (o medie), ridefinendo
ovviamente gli equilibri finanziari sottostanti, nella
consapevolezza che in tal modo si introduce implicitamente una
solidarietà assicurativa di genere.
Ovviamente l'eliminazione del fattore sesso quale fattore
discriminante sarebbe più semplice nei fondi pensione gestiti con
un sistema a capitalizzazione collettiva, dove è già esistente un
sistema di solidarietà; ciò consentirebbe di porre a carico dei
diversi partecipanti al Fondo l'eventuale squilibrio derivante
dall'utilizzo ab origine di una base tecnica media (maschi-femmine)
nella quantificazione del rischio, in presenza poi di una
collettività di iscritti non equamente distribuita rispetto al
rischio stesso; diversamente, qualora fosse adottata nella
valutazione della prestazione una base tecnica più prudenziale
rispetto al rischio, si assisterebbe ad una riduzione della
prestazione.
Entrambe le situazioni potrebbero avere un effetto sulla
"partecipazione" alla forma pensionistica a cui, si ricorda,
si aderisce volontariamente.
Nel caso in cui il sistema finanziario di gestione adottato
dalla forma pensionistica sia a capitalizzazione individuale, data
la non obbligatorietà di adesione e l'assenza di meccanismi di
solidarietà:
- l'adozione di una base tecnica media (maschi-femmine) ab
origine renderebbe necessaria la costituzione di una camera di
compensazione dei rischi tra fondi pensioni, del quale andrebbero
definite le modalità di finanziamento;
- l'adozione di una base tecnica media, se imposta, renderebbe
poco appetibile l'adesione alla previdenza di
secondo pilastro, a meno che
non vengano introdotti
elementi obbligatori di riequilibrio che agiscano sul
livello della prestazione (esempio: reversibilità della
rendita).
In definitiva si ritiene che, data l'attuale volontarietà di
partecipazione alla previdenza complementare, l'eliminazione del
fattore sesso come discriminante nella valutazione dei rischi sulla
base dei quali sono definite le prestazioni renderebbe necessaria
la gestione degli squilibri finanziari che andrebbero a generarsi e
presumibilmente determinerebbe una riduzione del livello della
prestazione, con ulteriore rallentamento della crescita del
settore.