Nel nostro Paese l'applicazione della direttiva parità di
trattamento nelle assicurazioni e la successiva sentenza
Test-Achats ha determinato una serie di dubbi interpretativi.
Su tali aspetti l'Ordine degli Attuari auspica che le autorità
competenti intervengano a dirimerli al più presto in modo da
consentire di avere sul tema uno scenario normativo e regolamentare
definito e chiaro. In merito si esprimono comunque alcune
considerazioni, prima di carattere generale e poi specifiche, che
ci si augura possano fornire un utile contributo costruttivo alla
risoluzione di tali problematiche.
In linea generale si ritiene che, per capire se il generico caso
in esame rientra e meno nell'applicazione delle nuove regole, si
possa far riferimento alla data di stipulazione del
contratto/convenzione o di modifica del contratto/convenzione
rispetto alla data del 21 dicembre 2012.
Una possibile deroga alla nuova disciplina potrebbe essere
rappresentata dalle polizze collettive stipulate da un datore di
lavoro in adempimento ad un previsione derivante da un contratto o
accordo collettivo di lavoro a prescindere dalla data di
stipulazione. Invece si ritiene che l'applicazione della nuova
regola non sia obbligatoria nei casi di contratti che prevedano il
tacito rinnovo e di contratti preesistenti, purchè non modificati
dopo il 21/12/2012.
Fatta salva la possibile deroga di cui sopra, si ritiene che la
classificazione del contratto in individuale o collettivo non
rappresenti di per se un fattore determinante nella valutazione del
generico caso ai fini dell'applicazione della nuova regola. Tale
classificazione infatti non risolve in via definitiva
l'interpretazione della norma, in
particolare quando il contratto
collettivo rappresenta una mera convenzione tra Fondo e
Compagnia e il rapporto, all'interno della Convenzione, si instaura
tra l'assicurato/iscritto e la Compagnia a livello individuale.
Sempre fatta salva la possibile deroga di cui sopra, per i
contratti/convenzioni collettivi/e già in essere alla data del 21
dicembre 2012, si pone il problema di mantenere o meno per i nuovi
iscritti le vecchie regole, ovvero applicare il principio generale
del vecchio contratto stipulato prima del 21 dicembre 2012, quindi
mantenimento della differenziazione per sesso, o applicare le nuove
regole quindi passaggio alla tariffa unisex. Se si guarda al
profilo gestionale la prima soluzione è preferibile, sotto il
profilo formale-giuridico sembrerebbe più allineata la seconda
soluzione.
In via specifica, ferme restando le considerazioni espresse in
precedenza in via generale, allo stato attuale la normativa unisex
non sembrerebbe applicarsi in maniera univoca alle varie forme di
previdenza complementare.
Nell'ambito della previdenza complementare rappresentiamo
di seguito le differenti casistiche con le relative
interpretazioni:
A. Fondi Pensione che erogano
direttamente le rendite (preesistenti, interni
alle aziende, eventualmente i Fondi Pensione Negoziali
che dovessero fare questa scelta) possibilità di differenziare
in virtù della Deliberazione Covip.
B. Rendite erogate da Compagnie per Fondi
Pensione Negoziali in virtù di una Convenzione stipulata con il
Fondo Interpretazione non univoca:
- possibilità di differenziare visto che per definizione il Fondo
Pensione Negoziale nasce da accordi e/o contratti collettivi di
lavoro, in accordo con la linea interpretativa in precedenza
indicata;
- impossibilità a differenziare in quanto l'adesione ai
Fondi Pensione Negoziali, pur regolata da accordi
collettivi di lavoro, si esplica tramite adesione volontaria al
Fondo e quindi successivamente tramite un rapporto assicurativo
individuale tra l'assicurato e la Compagnia all'interno della
convenzione. Ciò annullerebbe peraltro la "forza" del vincolo
iniziale, ovvero l'esistenza di un CCNL che "obbligherebbe"
all'istituzione del Fondo Pensione.
C. PIP
- impossibilità di differenziare perché prevale comunque la
logica assicurativa con obbligo di adeguarsi alla disciplina
unisex
D. Fondi Pensione Aperti istituiti da
Compagnie di Assicurazioni
ADESIONE INDIVIDUALE :
- impossibilità di differenziare perché prevale comunque la
logica assicurativa con obbligo di adeguarsi alla disciplina
unisex
ADESIONE COLLETTIVA in virtù di
accordi/contratti di lavoro: Interpretazione non univoca
- possibilità di differenziare visto che l'adesione nasce
da accordi e/o contratti collettivi di lavoro, in accordo con
la linea interpretativa in precedenza indicata;
- impossibilità di differenziare in quanto l'adesione, pur
regolata da accordi collettivi di lavoro, è comunque su base
volontaria. Ciò annullerebbe peraltro la "forza" del vincolo
iniziale, ovvero l'esistenza di un CCNL che "obbligherebbe"
all'istituzione del Fondo Pensione.
Per completezza informativa, sia nei PIP che nei Fondi Pensione
Aperti, è stato anche sollevato il dubbio, a prescindere da quanto
in precedenza riportato, che si possa ammettere la differenziazione
per sesso; ciò in quanto, similmente ad esempio ai Fondi Pensione
Preesistenti che erogano direttamente le rendite e tenendo conto di
quanto in merito indicato dalla Covip, si prefigurerebbe anche in
questo caso una "gestione diretta" da parte della Compagnia. Di
fatto, infatti, non esiste una convenzione essendo la stessa
Compagnia che ha istituito il Fondo aperto ad erogare le
rendite.
E. Fondi Pensione Aperti non istituiti da Compagnie
di Assicurazioni
Interpretazione non univoca
- per gli iscritti che aderiscono in forma collettiva in
previsione di accordi e/o contratti di lavoro:
o possibilità di differenziare
visto che l'adesione nasce da accordi e/o contratti
collettivi di lavoro, in accordo con la linea interpretativa in
precedenza indicata;
o impossibilità di
differenziare in quanto l'adesione, pur
regolata da accordi collettivi di lavoro, è
comunque su base volontaria. Ciò annullerebbe peraltro la "forza"
del vincolo iniziale, ovvero l'esistenza di un CCNL che
"obbligherebbe" all'istituzione del Fondo Pensione;
- per gli iscritti che aderiscono su base individuale in assenza
di accordi e/o contratti di lavoro:
- applicazione della Direttiva UE sulle
assicurazioni, quindi obbligo di tariffe unisex.
E' importante osservare come la mancanza di una interpretazione
univoca potrebbe implicare modalità applicative diverse nell'ambito
della previdenza complementare, eventualità che si ritiene
necessario evitare essendo preferibile una uniformità di approccio
nello stesso settore. La situazione normativa richiede quindi degli
approfondimenti anche al fine di evitare conseguenze potenzialmente
negative per i beneficiari ultimi delle prestazioni e per il
sistema nel suo complesso.
La coesistenza di forme pensionistiche sottostanti a diverse
discipline, tra l'altro, potrebbe comportare effetti controversi di
"selezione avversa" per le stesse opzioni esercitate dagli
iscritti, dettate più dall'appartenenza ad un determinato sesso che
da scelte razionali e consapevoli basate sull'affidabilità del
soggetto erogatore della rendita o dalle migliori condizioni da
questi praticate in termini di costi o di garanzie demografiche e
finanziarie.